mercoledì 19 ottobre 2022

6 gennaio 2007, FA CUP, Anfield Road. Liverpool 1 Arsenal 3

I primi giorni di dicembre del 2006, decisi di prenotare un viaggio in Uk, a Liverpool naturalmente. La partenza era fissata per il cinque di gennaio, cioè alla vigilia dell’Epifania del Signore. Dopo essere atterrato al “Lennon”, e dopo avere preso la navetta che mi avrebbe portato in centro, mi fermai a pranzo in uno dei moltissimi pub cittadini. Mi piaceva molto mangiare al The Beehive, l’alveare, un pub vecchia maniera, con le sedute consumate dal tempo. Cucina tipica, ottime birre. Io naturalmente non avevo dubbi su cosa avrei mangiato: fish and chips, quello originale. Un piatto semplice ma molto gustoso. Con una decina di pounds mettevi a posto l’anima e il palato. Mentre pasteggiavo, la mia attenzione fu attirata da un giornale locale. In prima pagina c’era un articolo di spalla su Liverpool vs Arsenal di FA CUP, partita che si sarebbe giocata il giorno dopo ad Anfield. Una ghiotta occasione quindi per “esordire” in FA Cup ad Anfield, appunto. Il giorno dopo, di buon mattino, mi recai subito alla biglietteria dello stadio dove riuscii ad aggiudicarmi, in cambio di un bel gruzzolo di sterline, un posto per il match serale. Dopo aver salutato la ragazza dei biglietti, vagai per tutto il giorno nei pressi dello stadio, dividendomi tra i vari pub della zona. Ebbi il tempo di fare un giro anche nei quartieri limitrofi, che avevano molte abitazioni in pessimo stato, tante con le porte d’ingresso letteralmente sprangate. Arrivò finalmente l’ora del kick off. Io ero seduto in tribuna, in una posizione abbastanza centrale. La partita fu uno spettacolo. Ci furono quattro reti. La cosa più bella, oltre ad avere avuto la possibilità di vedere in azione vere e proprie leggende, tra cui Gerrard, Henry, Carragher, Van Persie e Rosicky, mattatore assoluto della serata, fu quella di aver assistito dal vivo a "you will never walk alone", cantata a cappella da tutto lo stadio, con la Kop a tirare il gruppo. Un’emozione da provare almeno una volta nella vita. Finita la partita tornai a piedi all’hotel, mescolandomi tra la marea di maglie rosse. Per i puri di cuore allego il tabellino della partita e la foto della spilletta commemorativa


Liverpool: Dudek, Finnan, Carragher, Agger, Riise (Aurelio 60), Pennant, Alonso, Gerrard, Luis Garcia, Kuyt, Crouch.
Subs Not Used: Reina, Hyypia, Gonzalez, Bellamy.

Booked: Alonso.

Goals: Kuyt 71.

Arsenal: Almunia, Eboue (Hoyte 66), Toure, Senderos, Clichy, Hleb, Silva, Flamini, Rosicky, Henry (Walcott 88), Van Persie (Julio Baptista 72).
Subs Not Used: Poom, Djourou.

Booked: Senderos, Clichy, Eboue.

Goals: Rosicky 37, 45, Henry 84.

Att: 43,619

martedì 18 ottobre 2022

Liverpool, Betlemme e la terra Santa

Cominciai ad approfondire i Beatles verso la fine degli anni ’80 grazie al mio compagno di classe delle superiori Roberto, detto Jim per l’incredibile somiglianza con Jim Morrison. Si era talmente immedesimato nel personaggio tanto da condurre, a sua volta, una vita dissoluta e al limite. Tenete presente che all’epoca avevamo 14 anni, prima superiore. Prima di allora ero fermamente convinto che Liverpool e Betlemme, di cui scriverò più tardi, fossero luoghi inventati. Nel corso degli anni, per motivi diversi, ebbi l’opportunità di visitarli entrambi. Il nostro Jim era uno studente borderline, come ce n’erano tanti in quella scuola, ma con gusti musicali molto raffinati e particolari. Sballone dalla testa ai piedi, usava i quaderni di scuola per scrivere i testi dei Doors, dei Beatles e di John Lennon. Era fermamente convinto che la fine dei Beatles fosse imputabile all’entrata in scena di Yōko Ono, come mezzo mondo peraltro sosteneva. Grazie a Ryanair ho potuto visitare Liverpool per ben undici volte. Prima si volava direttamente sul “John Lennon Airport”; successivamente i voli furono dirottati su Manchester da dove, con un comodissimo treno, si raggiungeva la stazione centrale di Liverpool. Inizialmente prenotavo hotel molto lontani dal centro. L’obiettivo primario, dopo aver assolto il giro al Cavern con pinta d’ordinanza, era quello dello shopping compulsivo. Trascorrevo intere giornate all’interno dei negozi di articoli sportivi, con la missione di trovare pezzi unici che avrei poi regalato a fratelli e nipoti. Successivamente grazie a tutta l’esperienza che avevo acquisito nei viaggi precedenti, e anche un po’ imborghesito, cominciai a prenotare hotel sempre più centrali e sempre più prestigiosi. Oltre al Cavern, cominciai a frequentare anche Anfield Road e Goodison Park. Ho avuto l’ardire di portare a Liverpool, per ben tre volte, Nadia, mia moglie. Credo che se le avessi proposto il quarto viaggio mi avrebbe lasciato all’istante. Ma torniamo per un attimo a Betlemme. Correva l’anno 1992. A scuola era stato un disastro annunciato. Dopo il triennio i miei genitori mi chiesero di proseguire con il biennio che mi avrebbe portato al diploma. Dopo alcune consultazioni patteggiai una sorta di anno sabbatico, che passai per la maggior parte del tempo in giro per Brescia, dividendomi tra sale gioco, dopolavoro ferroviario, dove con poche lire potevi gustare degli ottimi panini e il castello, all’epoca frequentato da una moltitudine di tossici. In buona sostanza successe che il mio destino era già segnato ancora prima della fine della scuola. Una sera di maggio venne da noi Don Gianbattista, prete prima maniera ma molto cordiale e alla mano. Saltò fuori che nel pellegrinaggio diocesano di luglio era rimasto un posto vacante. I miei genitori pensarono che la terra santa mi avrebbe fatto bene e mi imbarcai alla volta di Tel Aviv. Dopo una settimana spesa tra i luoghi santi, con annessa dissenteria devastante, causata da un eccesso di fede (baciai letteralmente la stella della natività, cosa che gli altri fedeli più navigati si guardarono bene dal fare) tornai a casa. Fede o no, successe che conclusi i due ultimi anni di superiori e mi diplomai, con immensa soddisfazione mia e di mamma e papà




lunedì 17 ottobre 2022

17 Maggio 1981. Serie A. Brescia 1 Como 0

È una data che non dimenticherò mai. In settimana mio papà mi aveva promesso di portarmi finalmente a vedere il Brescia. Promessa mantenuta. Avevo solo sei anni, ma le emozioni che provai quel giorno sono ancora molto vive in me. Ricordo il terreno di gioco verdissimo, tanto da sembrare artefatto, le maglie blu, il gol, lo stadio, che agli occhi di un bambino sembrava il Maracanà. Tutto questo non poté che far nascere in me un amore viscerale per il calcio, per il Brescia, per le figurine Panini, che proprio in quell'anno cominciai a collezionare, chiaramente con quello che passava il convento in termini di soldi per album e bustine. Il Brescia purtroppo quell'anno retrocesse in B a causa della classifica avulsa e finì nelle sabbie mobile delle categorie inferiori. Ci vollero alcuni anni prima che le rondinelle tornassero a volare nella massima serie




E' stato un viaggio bellissimo. A Mamma e Papà

  I primi ricordi si possono collocare all’interno dell’abitazione che i miei genitori avevano preso in affitto dopo il loro matrimonio avvenuto il 26 aprile 1969, quella di via Garibaldi appunto. L’appartamento, che contava anche di un bel giardino, era di proprietà della famiglia Bianchi, era sito a piano terra ed era composto da una piccola cucina, un soggiorno, un bagno e due camere da letto. Ci siamo rimasti fino al 1979, anno in cui ci siamo trasferiti nella casa di Via Cavour che avremmo abitato fino al 2020. Ma andiamo per gradi. Io sono il secondo di tre figli. Il primo figlio si chiama Gianluca, nato nel 1970. Nel 1981 invece è arrivato Federico, che sulla sedia che usavamo al mare avevamo tenuto in sospeso. Mi ricordo che sul bracciolo bianco avevamo scritto con una penna blu FEDERIC.. tenendo da parte la vocale l’ultima lettera in quanto non si sapeva se fosse stato un maschio o una femmina. I miei genitori, nati all’inizio degli anni ’40, avevano molti fratelli. Mio Papà Valentino, figlio di Angela e Bortolo, ne aveva otto: Luigi, Augusto, Giuliano, Zelinda, Giuseppina, Severino, Mario e Giuseppe, ucciso in gioventù dai tedeschi in ritirata. Mio zio Mario era addirittura andato a cercare fortuna in Australia, che è diventata poi la sua terra. Ricordo nitidamente l’estate in cui venne a trovarci. La lunga assenza dal suolo natio aveva fatto in modo che il suo linguaggio diventasse un misto tra italiano, inglese e dialetto. La nostra fortuna fu quella di avere l’abitudine di sentirci spesso per telefono. Viceversa sarebbe stato un po’ complicato comunicare con lui. Nel 2000 mio papà e mia zia Giusy gli restituirono la cortesia andando a trovarlo in Australia. I nonni materni, che rispondevano ai nomi di Luigi e Giuseppa, misero al mondo otto figli: Faustino, Vittorio detto Giuseppe, Giovanni detto Luigi, Santa, Gesuina, Elisabetta, Caterina detta Bruna(mia mamma)e Maria. Si sa che tra i parenti c’è sempre lo zio preferito. Per motivi logistici c’era più frequentazione con quelli materni, visto che mia mamma è nata e cresciuta a Capriano del Colle. C’era un feeling particolare con mio zio Tino e mia Zia Lina, genitori dei miei cugini Tiziana e Fabrizio. Con loro era sempre festa. Mio zio era il classico burbero dal cuore tenero. Lavora in fonderia e poi come vignaiolo, sua grande passione. Lui compiva gli anni il 4 agosto ed io l’8, quindi si festeggiava sempre il compleanno insieme. Mi ritrovo spesso a pensare a loro e a come la vita spesso ti porti via ciò che hai di più caro

To be continued…

 

 

venerdì 14 ottobre 2022

Mi presento

Mi chiamo Matteo Ravarini, ho 48 anni. Ho una moglie, tre figli ed un cane. Sono nato alle 8 dell’8 agosto del 1974, al n.10 di Via Garibaldi, a Capriano del Colle, in provincia di Brescia. Non ho mai avuto l’ambizione di diventare uno scrittore anche se ho sempre scritto moltissimo. In questo blog mi piacerebbe raccontare un po' di me, della mia vita, della mia famiglia, delle mie esperienze e delle mie passioni. Se vi andrà di seguirmi ne sarò felice

un caro saluto


Matteo

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